Un destino annunciato?

Ricordo ancora quando, agli inizi della mia professione, in compagnia di mio padre, mi recavo periodicamente (almeno in uno dei due appuntamenti programmati all’anno) presso la Fiera Campionaria Internazionale del settore pelle e accessori per la pelletteria e le calzature, abbinata alla esposizione delle macchine per calzaturifici, per fare quello che fanno tutti: guardare, tenersi aggiornati, informarsi e magari contrattare e concludere affari con le varie ditte espositrici.
E fin qui tutto bene, nella norma…
O forse no! Perché una norma c’era, ed era quella che non si potevano scattare fotografie.
Ebbene, vedevi visitatori, provenienti per lo più dai paesi asiatici o dell’est Europa, con fulminei gesti, conservare per sempre segreti della produzione industriale che avrebbero riprodotto fedelmente dalle loro parti e a costi decisamente molto contenuti, visto che, non lo dico io, la manodopera sembra non valere molto a quelle latitudini.
Tutto questo, ai tempi in cui si pagavano i fornitori con le vecchie lire, ai miei occhi appariva si un po’ ingiusto, ma pensavi che, fin quando l’effetto di questo “scopiazzare” si fermasse entro i confini del mercato di loro appartenenza, non avrebbe avuto conseguenze sul tuo lavoro, su di te, sulla tua famiglia.
Oggi, che i fornitori si pagano in euro, è evidente che i pensieri che facevo allora erano del tutto infondati.
Abbiamo lasciato che, sotto l’effetto ammaliatore dei tanto corteggiati mercati esteri, i nostri prodotti, quelli che vantano ancora oggi il Made in Italy, nostro fiore all’occhiello, finissero per fare a spallate con macigni della new economy, qualitativamente inferiori ma che, per l’abbordabile prezzo, per i motivi di cui sopra, attraessero come api al miele, una quantità incredibile di importatori e conseguentemente di consumatori.
Come se non bastasse, quando i nostri lungimiranti imprenditori, come vuole la “legge del mercato” si sono accorti che con i macigni ci si spacca la testa, hanno pensato bene di attuare quella famosa frase: “se non puoi batterlo, fattelo amico”. E così hanno fatto, ma avevano bisogno che qualcuno li presentasse, senza referenze non vai da nessuna parte.
Ecco allora che entra in campo la politica. Chi meglio di un Primo Ministro, di un Capo dello Stato, che a turno visitano quei luoghi “di interesse”, dicessero davanti a milioni di telespettatori, con di fianco le autorità loro corrispondenti, che è ora di investire nei mercati esteri, di realizzare nuovi impianti e impiegare nuova manodopera, perché così “tutti” ne avranno beneficio…
Oggi ci ritroviamo imprenditori che hanno triplicato le loro ricchezze in riferimento ai maggiori guadagni rapportati ai costi, legittimamente, con in più il vantaggio della rivalutazione della conversione della moneta nel passaggio dalla Lira all’Euro, anche questo legittimo.
Quello che mi chiedo, alla luce anche del fatto che la legge permette di importare in Italia il prodotto semilavorato e finendo il lavoro qui, di poter apporre il marchio “Made in Italy”, quanti lo sappiano questo, e quanti sanno che pensano, se non lo hanno già fatto, di poter apporre il marchio solo per il fatto di inscatolare qui le calzature…
Quello che pure mi chiedo, è questo: ma gli operai italiani di quegli imprenditori che hanno delocalizzato e le loro famiglie, le piccole imprese e le loro famiglie, gli artigiani (punto dolente) e le loro famiglie?…
Mi licenzio da voi con una locuzione latina che mi piace molto, pur non avendolo studiato, di cui riporto un’anticipazione, che è questa:
“Quousque tandem abutere…patientia nostra?…”